sabato 16 marzo 2024

IL SACRAMENTARIO DEI FEDELI del Monaco Dom Edmondo Battisti OSB

 

 



Anche il presente è come il Messale Romano e il nostro Breviario dei Fedeli — un manuale di divulgazione, destinato soprattutto ai fedeli dell'Italia nostra; affinché dalla conoscenza ognora meno imperfetta dei SS. Sacramenti — i canali ordinari della vita della grazia nelle anime — e di quella grande e magnifica varietà di formule e azioni sacre onde si abbella la nostra Liturgia e che appunto per una tal quale analogia coi Sacramenti va sotto il nome di Sacramentali, ne derivi ai fedeli medesimi quel frutto che gli uni e gli altri sono ordinati a produrre.
 

Gesù Risorto, al quale consacriamo il nostro lavoro, e dai cui meriti i Sacramenti traggono tutta la loro efficace virtù, benedica al presente volume e lo renda singolarmente fecondo e messaggero in mezzo alle anime di quell'acqua salutare — figura della grazia — che sale a vita eterna, di quell'acqua — simbolo tipico della grazia e dei Sacramenti — che, mescolata con sangue copiosa sgorgò dal costato squarciato di Gesù morto a lavacro del genere umano e ' che a loro volta i Sacramenti sono destinati di lor natura a riprodurre in mezzo a noi.

 

Badia di S. Maria di Finalpia (Genova) nella Pasqua del Signore, 1 Aprile 1923

 

 

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lunedì 11 marzo 2024

Missale Romanum l'utima edizione di Pio XII nella sua integrità 1952

Se dovessimo rispondere ad una domanda, fino quando è stata celebrata la Santa Messa secondo le Disposizioni e Riti del Sacrosanto Concilio di Trento senza manomettere e stralciare parti sostanziali del Messale Romano di un impianto di origine Apostolica, così come assicurò San Pio V? Il 16 novembre 1955, con un Decretum generale e l’annessa Instructio, Pio XII istituì il nuovo Ordo della Settimana Santa, valevole per il Rito Romano, stabilendo che esso sarebbe entrato in vigore nella Pasqua del 1956. Da quella Pasqua si è iniziato a stravolgere il Rito Romano Antico con le rubriche imposte nel 1962 per arrivare al cosiddetto Messale del 1965, tradotto in Italiano.

Prima di giungere a questa modifica importante Pio XII pensò di editare con tutte le aggiunte omogenee e coerenti decretate dopo la revisione operata da Papa Benedetto XV: l'ultimo Messale Romano nella sua 29° Edizione, 6° post typica l'8 settembre 1952.

Ai posteri l'ardua sentenza a noi il coraggio di non dimenticare questo Messale Romano e di Celebrare secondo queste divino-umane disposizioni  che come scrisse S.E. Mons. Annibale Bugnini, sono "venerandi testi, che hanno per secoli alimentato, e con tanta efficacia, la pietà cristiana, ed hanno il profumo spirituale delle età eroiche degli albori della Chiesa".

 


Unito a questo santo Messale Romano vi lascio anche il Sussidio didattico per apprendere il modo per celebrare il Rito quello che ho già pubblicato per amare di più questo dono che la Chiesa ci ha lasciato.

 

 

 

domenica 10 marzo 2024

IL BREVIARIO ROMANO del Monaco Dom Edmondo Battisti OSB

La prima grande opera di divulgazione liturgica è stata eseguita dell'indimenticabile monaco benedettino Dom Edmondo Battisti OSB, a lui va tutta la mia e la nostra riconoscenza. Senza di lui non avremmo potuto mettere on-line la ricchezza del Breviario Romano. Ad oggi opera tipografica irriproducibile per i costi elevatissimi! Vi chiedo o amici di pregare per la sua anima e per tutte quella anime buone che hanno permesso la realizzazione di tale opera, e anche un po' per me. 
 
O Padre Edmondo perenne sia la tua memoria!


 
E' stato fatto un lavoro immenso per scansionare tutto il Breviario Romano ora è disponibile per tutti i sacerdoti e chi volesse pregare. Ho provveduto a rendere disponibile una versione più alleggerita e ottimizzata per Ipad/Tablet. Lo so, il cartaceo ha tutto un sapore diverso per pregare, mi riserverò volentieri di consegnare tutte le scansioni in HD solo per l'Editore (serio) disponibile a stampare una copia anastatica.

  

 
 
 
PREFAZIONE 
DEL PADRE DON EDMONDO BATTISTI O. S. B.
AL SUO BREVIARIO ROMANO BILINGUE



Innanzi tutto siano grazie infinite a Dio, ottimo massimo datore d'ogni bene, che, sia pure attraverso fatti che lunghe e ostacoli non pochi nè leggeri, finalmente ci concede di poter dare alla luce quest'altro lavoro.

In secondo luogo siano grazie degne a quanti con la parola e più coll'opera ci sono venuti in aiuto nell'ardua impresa.
Tra questi è doveroso ricordare suor Elena Reggio delle Dorotee di Genova, nipote del fu Mons. Tommaso Reggio - Arcivescovo di quell'illustre metropoli – passata a miglior vita fin dal 13 novembre 1926, anima eletta vera apostola della liturgia, che, in mezzo a mille contrarietà, la coltivò e divulgò appassionatamente, sostenuta dalla sicura e illuminata coscienza di essere sulla via maestra, regale della pietà cristiana, facendo immenso bene a se e intorno a sè. Ella, se non proprio ideò, certo influì molto a farci decidere alla difficile impresa. È doveroso ricordare il Rev.mo P. D. Bonifacio M. Bolognani O. S. B., Abate di questa nostra Badia di Finalpia, anima dolce e piena di carità, zelante sommo di tutto ciò che riguarda la cultura e pietà liturgica, chiamato anche lui al premio eterno nel radioso giorno di Pasqua di quest'anno (5 aprile 1931): egli e assecondò per quanto seppe e poté l’opera e prima di morire la volle particolarmente ricordare e benedire. E nutriamo fiducia che la benedizione del Padre morente non sia caduta invano. Per ambedue chiediamo, a quanti beneficeranno di questo nostro lavoro, un ricordo al Signore.

Insieme ad essi, che pur sospirarono tanto questo giorno, è doveroso ricordare tutte quelle anime buone che colla preghiera incessante e coll’offerta di sacrifici hanno fatto dolce violenza al Signore per la realizzazione di quest'opera. È doveroso ricordare ancora tutti quelli specialmente — tra cui eminenti Porporati ed eccellentissimi Vescovi — i quali con fede hanno anticipato la loro quota e cosi sostenuto in parte le prime, improrogabili, ingenti spese di stampa. Ricordiamo infine gli artefici tipografi che con pazienza e perizia hanno assolto il loro non facile compito.

Ed ora lo scopo di questo nostro nuovo lavoro?...
Esso è intuitivo: venire cioè in aiuto a quanti o per dovere o per divozione recitano l'Ufficio Divino; apra tutti una vena antica e sempre nuova, copiosissima purissima, deliziosissima di soda pietà cristiana, un nuovo ricchissimo tesoro quanto meno di cultura religiosa soprattutto di pascolo o lettura spirituale.

È risaputo infatti che il Breviario Romano nel semplice testo latino presenta delle oscurità anche per chi conosce il latino, anche, senza voler far torto a nessuno, per non pochi del Clero; dacché, con tutta la migliore intenzione, non sempre essi hanno per lo meno comodità di dissipare queste oscurità. Che dire poi chi conosce poco o punto il latino?...

Il Breviario Romano poi è libro interamente divino per l'Autore, per il contenuto e per lo scopo. È libro quale davvero han posto mano e cielo e terra. È libro che condensa meravigliosamente bene grandissima parte della sapienza ecclesiastica, della pietà cristiana, tanto  che per vari secoli, al dire del chiarissimo D. Cabrol, non v'era altra cultura intellettuale che quella del Breviario, e tutta l'educazione dei Chierici tendeva a renderli atti alla recita e all’intelligenza di esso. È libro che sviluppa e compie il Messale, come è detto diffusamente nella nostra Introduzione generale a questo lavoro.
 
In vero il Breviario racchiude, almeno nei tratti principali, tutta la parola di Dio rivelata, dall'antico al nuovo Testamento; contiene tutta la vita di Gesù Cristo, della Vergine SS., dei nostri cari Santi, i veri, soli e grandi eroi degni d'imitazione; riporta i discorsi e le omelie dei grandi geni del Cristianesimo di tutti i secoli, a incominciare dagli Apostoli, ai Ss. Padri fino
agli ultimi Dottori e Pontefici.
Inoltre il Breviario è la più alta espressione della poesia ispirata, specie nel Salterio, detto perciò anche Canzoniere Davidico, e negli Inni. È la più solenne e insieme semplice espressione delle verità della nostra santa Fede lungo il ciclo liturgico delle feste Annuali. È la storia genuina della nostra origine, della nostra vera condizione prima e dopo la colpa, prima e dopo la Redenzione; è la storia della madre nostra, la Chiesa e quindi la storia... nostra.

Ma il Breviario è soprattutto il libro d'oro che la Chiesa mette in mano alla porzione più eletta dei figli suoi, dal Pontefice SS. all'ultimo Parroco di campagna dal Sacerdote più dotto all'umile suora claustrale, a finché a nome suo rendano a Dio giornalmente, e più volte al giorno, il tributo della dovuta lode, ne facciano pascolo delle loro menti, cibo dell'anima per le mistiche ascensioni.

Che se il Breviario di fatto ora è il libro degli Ecclesiastici, la Chiesa però non ha mai inteso farne un loro monopolio esclusivo: solo la mancanza di fede, di fervore e di sufficiente cultura, da molto tempo l'ha ristretto a questa classe di persone; la Chiesa ha sempre ardentemente desiderato ch'esso sia, il libro anche degli altri figli suoi, anche laici, come lo era in passato; come, grazie al provvidenziale attuale rifiorimento , liturgico, indizi confortanti promettono di ritornare a tempi nostri.

Oh sì, non si vergognino i nostri bravi fedeli di rivolgere fra le loro mani questo libro affatto "divino"! esso n'è ben degno e n'ha pieno diritto. Riprendano sfogliarlo con serietà e con fede, e constateranno subito la loro mente arricchirsi di nuove, preziose, vita e cognizioni, la loro anima nutrirsi di cibo abbondante e delizioso, il loro cuore riboccare di affetti santi ed elevanti. Troveranno in esso abbondantemente quanto più e di meglio v'ha di vero, di bello, di buono conoscere, amare, servire, lodare Iddio, primo principio ed ultimo fine di ogni cosa, sola e vera e piena felicità nostra presente e futura.

Quanto alla versione del testo sacro abbiamo cercato che fosse possibilmente letterale. Pur adottando in generale la versione del Martini, l'abbiamo però modificata, sulla scorta di  versioni recenti ed accreditate, dove o la dizione ci è parsa meno moderna o l'espressione meno chiara; e a renderla sempre più chiara siamo permessi a volte di aggiungere tra parentesi qualche parola esplicativa. Qualcuno forse avrebbe desiderato una versione poetica degl'Inni per ritrarne meglio anche in italiano forza e freschezza originale, ma l'abbiamo scartata proposito perché simili versioni, per quanto ben fatte sono spesso, pare a noi, a scapito del pensiero e della semplicità del testo in grazia della rima, ed anche perché in ogni caso la poesia richiede un fraseggiare scelto che non è di tutte le intelligenze, come vuol essere la versione di questo nostro Breviario.

Per le note abbiamo pure attinto a volte al Martini e, per quanto riguarda i Salmi, al Willy, ma nella massima parte esse sono frutto di lavoro personale, eccezione delle note dalla Domenica di Settuagesima fino alla IV Domenica di Quaresima e di qualche altra nel Proprio dei Santi, che abbiamo preferito toglie quasi alla lettera dalla stupenda opera "La S. Scrittura" del Sac. Dain Cohenel [al secolo don Dolindo Ruotolo, NdR] , tanto esse ci sono sembrate ben ed esaurienti. Circa le citazioni dei testi scritturali, noi introdotte, tengano presente i poco pratici di libri sacri, che non tutti gli editori di Bibbie ne numerano i versi alla stessa maniera, e noi in questa parte non sempre abbiamo seguito un unico testo.

I disegni ed illustrazioni, a nostro giudizio in genere assai riusciti, sono lavoro paziente di un'ottima quanto valente suora di S. Giuseppe, eseguiti dalla Zincocelere Fratelli Confalonieri di Torino. Molti soggetti li abbiamo suggeriti noi, traendo l'ispirazione dal sacro testo: es., per il Salterio ci han porto il soggetto gl'Inni ambrosiani che cantano i giorni della creazione, per Domeniche dalla Settuagesima a Pasqua e per quelle dopo Pentecoste le Lezioni del I Notturno. Gli altri li abbiamo lasciati al genio dell'artista. La quale nel segno frontale a principio ha voluto rappresentare alto a destra la SS. Vergine — l'onnipotenza supplicante— che prega per la Chiesa e con la Chiesa, e a sinistra Gesù in atto di dirle : Chiedi, o Madre, tutto quello che vuoi e io lo farò. Sotto, due Angeli presentano le preghiere della Chiesa simboleggiate nell'incenso e nei profumi. In basso, al centro, lo Spirito Santo ispira i Dottori massimi nel comporre sermoni e specialmente omelie sui Vangeli, e cioè : S. Agostino con accanto l'aquila di S. Giovanni Evangelista; S. Gregorio Magno con il bue di S. Luca; S. Girolamo con l'uomo di S. Matteo,  S. Ambrogio col leone di S. Marco.

Il presente Breviario esce secondo l'ultima edizione vaticana ed aggiornatissimo. Essendo risultato complessivamente di oltre 5000 pagine, abbiamo curato di fare un formato ed una divisione che alla praticità unisca l'economia. E per ridurre al minimo possibile il volume  centrale e in proporzione anche i fascicoli, abbiamo eliminato da esso tutto quello che non serve l'uso giornaliero (cioè Introduzione, Rubriche generale Calendario ecc.) e ne abbiamo
fatto un volumetto separato. Così abbiamo un volume unico centrale, di circa 1200 pagine, contenente: l'Indice, con numerazione a sè contrassegnata da un asterisco o stelletta, l'Ordinario che inizia l'enumerazione regolare, il Salterio e i Comuni coll'Appendice. Il resto, cioè il Proprio del Tempo e dei Santi, è stampato in 9 più 9 fascicoletti (complessivamente 18) di circa 240 pagine l'uno, da inserire comodamente, due per volta, cioè uno per qualità, secondo il tempo, ai lati del volume centrale, che perché dev'essere rilegato a soffietto.

Chi si intende un po' del costo della stampa in generale, e di Breviari in particolare, non può non convenire che a prezzo inferiore non è assolutamente possibile scendere, almeno per ora. Perciò confidiamo che si farà buon viso a questa nostra nuova e prima pubblicazione del genere in Italia, e che essa avrà la più larga accoglienza.

Anime buone, che tanto l’avete sospirata ed attesa quest'opera, noi l'affidiamo a voi. Par parte nostra abbiamo cercato di fare tutto quello che abbiamo saputo e potuto: a voi ora fare il resto, cioè farlo conoscere e amare, acquistare da tanti, e vorrei poter dire da tutti così che si abbia a procedere presto a nuove... ulteriori ristampe, a gloria di Dio ed a santificazione delle anime.

Finalpia, Natività del Signore, 1931.

D. Edmondo Battisti O. S. B

giovedì 7 marzo 2024

Il Messale Romano tradotto in Italiano per uso liturgico. Il 7 marzo 1965 il Passaggio dal Latino al Volgare

Con oggi sono 59 anni che "col movimento iniziato ufficialmente il 7 marzo 1965 (con l'entrata in vigore della "Inter Oecumenici") il volgare entrò praticamente in tutte le parti della liturgia, con un processo progressivo e celere. Vi fu un cedimento o addirittura un travisamento delle disposizioni conciliari? Alcuni lo affermarono (e lo affermano)" Annibale Bugnini, pag 121 La Riforma Liturgica (1948-1975), 1997, CLV Ed. Liturgiche.

Così S.E. Mons Bugnini presentava il "passaggio". Le Commissioni fecero un lavoro accurato, in collaborazione con le Commissioni Liturgiche Nazionali scrive sempre lui, tuttavia in Italia il Messale Romano non fu confezionato dalla Commissione Liturgica Nazionale perchè secondo quanto riporta mancò di iniziativa, "ma fu incaricato "in extremis" dal Papa Paolo VI il "Consilium" che vi occupò tre mesi (febbraio-aprile) di intenso lavoro. (cfr. pag 115).

Per i Sacramenti, i criteri per l'introduzione della lingua volgare erano assai larghi: ne erano esclusi solo gli Ordini Sacri, eccetto le allocuzioni e le monizioni. Ma ne parlo (QUI)

Pubblicato il Messale Romano ci si rese conto che il Canone Romano era rimasto inviolato anche per la sua difficile traduzione in volgare in special modo della congiunzione latina "Enim" volta per motivare l’affermazione precedente: enim Corpus Meum  nella parole della Consacrazione Eucaristica. (nota 26, pag 120)

"Se tutta la messa si fosse celebrata nella lingua materna e il canone fosse restato in latino, sarebbe stato come spalancare all’ospite tutte le porte di casa, ma chiudergli il cuore", per cui due anni dopo nel 1967, fu pubblicato con non poche polemiche un inserto con il Canone Romano in volgare. (pag 120). 

Il Messale del 1965-67 con tutte le orazioni sono tutte tradotte in un ottimo italiano, la lunga Riforma Piana iniziata il 28 maggio 1948 con la nomina della Commissione per la Riforma Liturgica che iniziò con lo sfoltimento delle Rubriche, il taglio delle venerabili Vigilie, Ottave e Settimana Santa (= Messale Romano del 1962) è conclusa anche se non del tutto pacificamente, così come riporta lo stesso mons. Bugnini. 

Ma, rimandando alla domanda iniziale, ma se tutto è compiuto compresa la lingua del culto non più in latino ma in italiano, perché sovvertire la Divina Liturgia consolidata nei millenni con un Nuovo Messale Italiano (e nuovi Rituali)? La risposta ce la da lo stesso mons. Bugnini, a cui almeno va il merito di averci lasciato con Pio XII la Sesta Edizione post Typica del Messale Romano stampato l'8 settembre del 1952 nella sua integrità.

"Rincresce sempre dover mettere le mani su venerandi testi, che hanno per secoli alimentato, e con tanta efficacia, la pietà cristiana, ed hanno il profumo spirituale delle età eroiche degli albori della Chiesa; soprattutto è malagevole ritoccare capolavori letterari di una forma e concettuosità insuperabili. Ciò nonostante, fu ritenuto doveroso affrontare il lavoro, perché nella preghiera della Chiesa nessuno trovasse motivo di disagio spirituale" (pag 130). Quindi la colpa se così si può affermare era del "disagio spirituale" che veniva arrecato: da cosa? e soprattutto a chi?

Vi lascio quindi al Messale anzi, ai Messali, uno feriale uno festivo per i sacerdoti già Ordinati che volessero approcciarsi al Rito Romano nella sua integrità ma al ritroso.


Messale Romano in italiano 1965 Domenicale




 



mercoledì 2 ottobre 2019

La "Dogmatica Cattolica", 6 volumi, di Mons. Michele Schmaus



  PRESENTAZIONE

È vivamente sentita oggi, particolarmente da chi è in cura d'anime o comunque s'impegna nell'apostolato, l'esigenza d’una esposizione della dogmatica cattolica che metta maggiormente in luce il valore religioso o salvifico delle verità rivelate, e sia più rispondente alle esigenze della predicazione e della vita cristiana nelle sue attuali congiunture. Ora è concorde giudizio dei competenti che la presente Dogmatica di Mons. Michele Schmaus, professore Ordinario di Teologia Dogmatica nell'Università di Monaco e Socio Ordinario della Pontificia Accademia Teologica Romana, venga incontro meglio di ogni altra a tali richieste. Il che deriva dalla sua impostazione, delineata nella prefazione che segue, dall'ampia utilizzazione delle fonti della rivelazione, specie la Scrittura, dal fatto dimostrare come la parola di Dio, custodita e dichiarata dalla Chiesa, risponda alle più vive questioni dell'uomo di oggi. Questa Dogmatica non intende, come dice espressamente l'Autore, sostituire nessuno dei testi usati nelle scuole di teologia, né porsi accanto ad essi come uno dei tanti, ma, presupponendoli tutti, integrarli, non solo per il fatto che, come già s'è detto, pone in luce il valore soteriologico dei dogmi, ma anche per la ricchezza delle citazioni della Bibbia, dei Padri, dei Concilii, delle Encicliche e degli scrittori religiosi moderni. Nell'edizione italiana, condotta sulla quinta tedesca, col permesso dell'Autore sono state soppresse alcune pagine di letture, e qua e là, sostituite con altre segnate con asterisco. La bibliografia è stata riveduta e adattata al nostro ambiente. Inutile dire, infine, che la preoccupazione più viva fu quella di rendere con fedeltà e chiarezza il pensiero dell'Autore. Si confida che i lettori troveranno in quest'opera un valido aiuto per approfondire la conoscenza del cristianesimo, per alimentare e irrobustire la loro fede onde testimoniarla con più forza e vivacità nel mondo attuale.

Sac. NATALE BUSSI
Insegnante dì Dogmatica nel Seminario di Alba







https://drive.google.com/file/d/1XRsYRUIn8PAa3lMCIapiataTfMtksod6/view?usp=sharing


 
https://drive.google.com/file/d/1GSgt3gaEIFRmaFGqLs_81SqEp14lu5zv/view?usp=sharing






https://drive.google.com/file/d/1sIMPZVmGmJzZqIucF2Vx_OxpaR1VWc5F/view?usp=sharing



https://drive.google.com/file/d/1H9fT0f6qr0Ht-390MqiG_Im0Tl_KYUZa/view?usp=sharing
 









mercoledì 11 luglio 2018

Papa Francesco ha risolto a modo suo lo "scisma lefebvre".

Ripubblico l'ultima vera notizia di rilievo, facendo tanti auguri al carissimo don Davide Pagliarani, nuovo Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X per i prossimi 12 anni.


Nell’Anno del Giubileo, il Papa aveva concesso ai fedeli che per diversi motivi frequentano le chiese della Fraternità San Pio X (i lefebvriani) di ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale dei loro peccati. «Per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa Cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare»

Queste novità che io avevo già preannunciato, sono contenute nel documento di fine Anno Santo intitolato Misericordia et misera, un titolo preso dalle due parole che sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera. «Non poteva trovare espressione più bella e coerente di questa per far comprendere il mistero dell’amore di Dio quando viene incontro al peccatore: Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia».


Comunicato ufficiale della Fraternità San Pio X

giovedì 20 agosto 2015

Orationes in Benedictione SS. Sacramenti, Libro liturgico in PDF

Altro libro liturgico per le Adorazioni Eucaristiche e tante belle orazioni da utilizzare anche come preghiera privata. Per scaricare cliccare sull'immagine.

https://drive.google.com/file/d/0Bzp4nFzhhdRlc24wUmpTV09fNzg/view?usp=sharing


venerdì 12 giugno 2015

Cor Jesu Sacratissimum, Miserere Nobis



Signore, pietà.Signore, pietà
Cristo, pietàCristo, pietà
Signore, pietàSignore, pietà
Cristo, ascoltaciCristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici.Cristo, esaudiscici
Padre celeste, Dioabbi pietà di noi
Figlio redentore dei mondo, Dioabbi pietà di noi
Spirito Santo, Dioabbi pietà di noi
Santa Trinità, unico Dioabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, Figlio dell'Eterno Padreabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Mariaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, sostanzialmente unito al Verbo di Dioabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, maestà infinitaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, tempio santo di Dioabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, tabernacolo dell'Altissimoabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, casa di Dio e porta del cieloabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fornace ardente di amoreabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fonte di giustizia e di caritàabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, colmo di bontà e di amoreabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, abisso di ogni virtùabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, degnissimo di ogni lode abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, re e centro di tutti i cuori abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, in cui si trovano tutti i tesori di sapienza e di scienzaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, in cui abita tutta la pienezza della divinitàabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, in cui il Padre si compiacqueabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, dalla cui pienezza noi tutti abbiamo ricevutoabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, desiderio della patria eternaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, paziente,.e misericordioso,abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, generoso verso tutti quelli che ti invocanoabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fonte di vita e di santitàabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, ricolmato di oltraggiabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, propiziazione per nostri peccati.abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, annientato dalle nostre colpeabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, obbediente fino alla morteabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, trafitto dalla lanciaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fonte di ogni consolazioneabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, vita e risurrezione nostraabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, pace e riconciliazione nostraabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, vittima per i peccatoriabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, salvezza di chi spera in teabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, speranza di chi muore.abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, gioia di tutti i santiabbi pietà di noi
Agnello dì Dio che togli i peccati dei mondo perdonaci, Signore
Agnello di Dio che togli i peccati dei mondoesaudiscici, Signore
Agnello di Dio che togli i peccati dei mondoabbi pietà di noi
Cuor di Gesù che bruci di amore per noi:infiamma il cuore nostro d'amore per te

PREGHIAMO
O Padre, che nel Cuore dei tuo direttissimo Figlio 
ci dai la gioia di celebrare le grandi opere dei tuo Amore per noi,
fa' che da questa fonte inesauribile attingiamo l'abbondanza dei tuoi doni.
Per Cristo Nostro Signore. Amen

mercoledì 18 febbraio 2015

​Nel sangue dei martiri copti La forza del nome di Gesù.

Do notizie sicuramente più importanti, dove ciascuno si deve mettere davanti a Dio e pregare affinché possiamo dare veramente testimonianza di Cristo.




 
2015-02-17 L’Osservatore Romano

Un pomeriggio, passeggiando per Roma, cercavo delle bancarelle di fiorai. Da sempre amo i cactus, queste piante belle e sobrie, portate a una vita quasi ascetica tra la sabbia del deserto, piante austere anche nella fioritura: rari e pochissimi fiori ma di una bellezza unica. La ricerca mi portò quasi per caso da un fioraio dai tratti medio-orientali. Mi accorsi che portava tatuata sul dorso della mano una piccola croce e gli chiesi se era cristiano. Mi disse che era copto ortodosso e che si chiamava Scenute.
Di fronte al martirio dei copti in Libia, con accorate parole il Papa ha alzato ancora una volta la voce per annunciare, quasi fosse una professione di fede, l’ecumenismo del sangue: «Dicevano solamente: “Gesù aiutami”. Sono stati assassinati per il solo fatto di essere cristiani» e il loro sangue «è una testimonianza che grida». In questo modo Francesco ha riproposto il cammino dei cristiani di diverse confessioni, non ancora attorno all’unico pane e all’unico calice, ma già attorno all’unico sangue versato per Cristo, per rendere testimonianza dell’unico Signore.
Il Pontefice ha ricordato come l’unica parola uscita dalla bocca dei martiri copti è stata «Gesù, aiutami», quasi un’eco della preghiera del cuore delle tradizioni, la preghiera di Gesù ripetuta da innumerevoli cristiani che invocano l’unico nome in cui abbiamo la salvezza. Questa è stata la preghiera dei martiri copti, nel momento in cui hanno reso testimonianza della loro fede, in comunione con quell’invocazione del nome di Cristo Gesù, la stessa preghiera che lungo i secoli è stata ed è l’invocazione quotidiana e continua di tanti uomini e donne cristiani, monaci e monache, pellegrini, martiri che lo invocano con fede: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore». L’invocazione del nome che sulle labbra dei martiri copti, di tanti martiri cristiani dei nostri giorni, si riduce all’essenziale, invocando colui che dà loro la forza: «Gesù, aiutami».
La Chiesa copta, che dal II secolo in poi ha dato vita a una letteratura cristiana importante, a una linfa e a una vita che si esprime nella lingua degli antichi egiziani diventata lingua cristiana, il copto, parlata da milioni di cristiani in Egitto, copti ortodossi e cattolici, che lungo i secoli fino ai nostri giorni hanno lodato il Signore. Monaci e monache, padri e madri del deserto, padri e madri dei martiri, che nel deserto dell’Egitto hanno cercato il solo e l’unico, nella comunione con gli uomini. Uomini e donne che lungo il Nilo hanno vissuto e vivono nella comunione con il Signore e con i fratelli. La Chiesa copta, nata e cresciuta attorno ai monaci e agli asceti, nella scia di Antonio, Pacomio, Scenute. E nella scia di tanti martiri fino ai nostri giorni: uomini, donne, bambini, in Egitto e in Libia. Uomini e donne inermi, ma fermi unicamente nella forza del nome di Gesù.
Una notizia di agenzia ha enumerato i nomi dei martiri copti della Libia: Milad, Youssif, Kirillos, Tawadros, Giorgios, Bishoi e tanti altri. Nomi legati a santi martiri e vescovi della Chiesa copta delle origini, nomi della Chiesa copta di oggi, nomi del martirologio del sangue comune a tutte le Chiese cristiane, patrimonio, forza e vanto di tutti i cristiani. Leggendo i sinassari e i martirologi di diverse tradizioni cristiane ci si accorge come i santi martiri dei primi secoli sono patrimonio comune a tutte le Chiese, senza distinzione di origine, attraverso vicende storiche diverse. E anche i nuovi martiri, dall’Iraq e dalla Siria fino all’Egitto e alla Libia, dall’Asia all’Africa, scrivono col sangue il loro nome nel sinassario e nel martirologio di tutti coloro che invocano il nome del Signore Gesù Cristo, vita e salvezza dei martiri.
Questa mattina, finito il mattutino quaresimale nel Collegio greco, sono andato a trovare il fioraio Scenute per dirgli che gli ero vicino. E condividendo con lui l’ecumenismo del sangue, gli ho ripetuto le parole di papa Francesco: «Il sangue è lo stesso» e «testimonia Cristo».
di Manuel Nin

martedì 23 dicembre 2014

Papa Francesco e le 15 malattie del clero post-conciliare!

Discorso che a me ha fatto tanto bene! Mi domando se questo semplice elenco, che tutti conosciamo se fosse stato oggetto di approfondimento nei seminari, forse oggi non raccoglieremo i cocci di un clero senza identità, in cerca di dignità! Troppo tardi, troppo tardi!




PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI DELLA CURIA ROMANA
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Sala Clementina
Lunedì, 22 dicembre 2014


La Curia Romana e il Corpo di Cristo
“Tu sei sopra i cherubini, tu che hai cambiato la miserabile condizione del mondo quando ti sei fatto come noi” (Sant'Atanasio)

Cari fratelli,
Al termine dell’Avvento ci incontriamo per i tradizionali saluti. Tra qualche giorno avremo la gioia di celebrare il Natale del Signore; l’evento di Dio che si fa uomo per salvare gli uomini; la manifestazione dell’amore di Dio che non si limita a darci qualcosa o a inviarci qualche messaggio o taluni messaggeri ma dona a noi sé stesso; il mistero di Dio che prende su di sé la nostra condizione umana e i nostri peccati per rivelarci la sua Vita divina, la sua grazia immensa e il suo perdono gratuito. E’ l’appuntamento con Dio che nasce nella povertà della grotta di Betlemme per insegnarci la potenza dell’umiltà. Infatti, il Natale è anche la festa della luce che non viene accolta dalla gente “eletta” ma dalla gente povera e semplice che aspettava la salvezza del Signore.
Innanzitutto, vorrei augurare a tutti voi - collaboratori, fratelli e sorelle, Rappresentanti pontifici sparsi per il mondo - e a tutti i vostri cari un santo Natale e un felice Anno Nuovo. Desidero ringraziarvi cordialmente, per il vostro impegno quotidiano al servizio della Santa Sede, della Chiesa Cattolica, delle Chiese particolari e del Successore di Pietro.
Essendo noi persone e non numeri o soltanto denominazioni, ricordo in maniera particolare coloro che, durante questo anno, hanno terminato il loro servizio per raggiunti limiti di età o per aver assunto altri ruoli oppure perché sono stati chiamati alla Casa del Padre. Anche a tutti loro e ai loro famigliari va il mio pensiero e gratitudine.
Desidero insieme a voi elevare al Signore un vivo e sentito ringraziamento per l’anno che ci sta lasciando, per gli eventi vissuti e per tutto il bene che Egli ha voluto generosamente compiere attraverso il servizio della Santa Sede, chiedendogli umilmente perdono per le mancanze commesse “in pensieri, parole, opere e omissioni”.
E partendo proprio da questa richiesta di perdono, vorrei che questo nostro incontro e le riflessioni che condividerò con voi diventassero, per tutti noi, un sostegno e uno stimolo a un vero esame di coscienza per preparare il nostro cuore al Santo Natale.
Pensando a questo nostro incontro mi è venuta in mente l’immagine della Chiesa come il Corpo mistico di Gesù Cristo. È un’espressione che, come ebbe a spiegare il Papa Pio XII, «scaturisce e quasi germoglia da ciò che viene frequentemente esposto nella Sacra Scrittura e nei Santi Padri»[1]. Al riguardo san Paolo scrisse: «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12)[2].
In questo senso il Concilio Vaticano II ci ricorda che «nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11)»[3]. Perciò «Cristo e la Chiesa formano il “Cristo totale” - Christus totus -. La Chiesa è una con Cristo»[4].
E’ bello pensare alla Curia Romana come a un piccolo modello della Chiesa, cioè come a un “corpo” che cerca seriamente e quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso e con Cristo.
In realtà, la Curia Romana è un corpo complesso, composto da tanti Dicasteri, Consigli, Uffici, Tribunali, Commissioni e da numerosi elementi che non hanno tutti il medesimo compito, ma sono coordinati per un funzionamento efficace, edificante, disciplinato ed esemplare, nonostante le diversità culturali, linguistiche e nazionali dei suoi membri[5].
Comunque, essendo la Curia un corpo dinamico, essa non può vivere senza nutrirsi e senza curarsi. Difatti, la Curia - come la Chiesa - non può vivere senza avere un rapporto vitale, personale, autentico e saldo con Cristo[6]. Un membro della Curia che non si alimenta quotidianamente con quel Cibo diventerà un burocrate (un formalista, un funzionalista, un mero impiegato): un tralcio che si secca e pian piano muore e viene gettato lontano. La preghiera quotidiana, la partecipazione assidua ai Sacramenti, in modo particolare all’Eucaristia e alla riconciliazione, il contatto quotidiano con la parola di Dio e la spiritualità tradotta in carità vissuta sono l’alimento vitale per ciascuno di noi. Che sia chiaro a tutti noi che senza di Lui non potremo fare nulla (cfr Gv 15, 8).
Di conseguenza, il rapporto vivo con Dio alimenta e rafforza anche la comunione con gli altri, cioè tanto più siamo intimamente congiunti a Dio tanto più siamo uniti tra di noi perché lo Spirito di Dio unisce e lo spirito del maligno divide.
La Curia è chiamata a migliorarsi, a migliorarsi sempre e a crescere in comunione, santità e sapienza per realizzare pienamente la sua missione[7]. Eppure essa, come ogni corpo, come ogni corpo umano, è esposta anche alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità. E qui vorrei menzionare alcune di queste probabili malattie, malattie curiali. Sono malattie più abituali nella nostra vita di Curia. Sono malattie e tentazioni che indeboliscono il nostro servizio al Signore. Credo che ci aiuterà il “catalogo” delle malattie - sulla strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi - di cui parliamo oggi: ci aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un bel passo di tutti noi per prepararci al Natale.

1. La malattia del sentirsi “immortale”, “immune” o addirittura “indispensabile” trascurando i necessari e abituali controlli. Una Curia che non si autocritica, che non si aggiorna, che non cerca di migliorarsi è un corpo infermo. Un’ordinaria visita ai cimiteri ci potrebbe aiutare a vedere i nomi di tante persone, delle quale alcuni forse pensavano di essere immortali, immuni e indispensabili! È la malattia del ricco stolto del Vangelo che pensava di vivere eternamente (cfr Lc 12, 13-21) e anche di coloro che si trasformano in padroni e si sentono superiori a tutti e non al servizio di tutti. Essa deriva spesso dalla patologia del potere, dal “complesso degli Eletti”, dal narcisismo che guarda appassionatamente la propria immagine e non vede l’immagine di Dio impressa sul volto degli altri, specialmente dei più deboli e bisognosi[8]. L’antidoto a questa epidemia è la grazia di sentirci peccatori e di dire con tutto il cuore: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17, 10).

2. Un’altra: La malattia del “martalismo” (che viene da Marta), dell’eccessiva operosità: ossia di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, “la parte migliore”: il sedersi sotto i piedi di Gesù (cfr Lc 10,38-42). Per questo Gesù ha chiamato i suoi discepoli a “riposarsi un po’” (cfr Mc 6,31) perché trascurare il necessario riposo porta allo stress e all’agitazione. Il tempo del riposo, per chi ha portato a termine la propria missione, è necessario, doveroso e va vissuto seriamente: nel trascorrere un po’ di tempo con i famigliari e nel rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica; occorre imparare ciò che insegna il Qoèlet che «c’è un tempo per ogni cosa» (3,1-15).

3. C’è anche la malattia dell’“impietrimento” mentale e spirituale: ossia di coloro che posseggono un cuore di pietra e un “duro collo” (At 7,51-60); di coloro che, strada facendo, perdono la serenità interiore, la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando “macchine di pratiche” e non “uomini di Dio” (cfr Eb 3,12). È pericoloso perdere la sensibilità umana necessaria per farci piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono! È la malattia di coloro che perdono “i sentimenti di Gesù” (cfr Fil 2,5-11) perché il loro cuore, con il passare del tempo, si indurisce e diventa incapace di amare incondizionatamente il Padre e il prossimo (cfr Mt 22,34-40). Essere cristiano, infatti, significa «avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5), sentimenti di umiltà e di donazione, di distacco e di generosità[9].

4. La malattia dell’eccessiva pianificazione e del funzionalismo. Quando l'apostolo pianifica tutto minuziosamente e crede che facendo una perfetta pianificazione le cose effettivamente progrediscano, diventando così un contabile o un commercialista. Preparare tutto bene è necessario, ma senza mai cadere nella tentazione di voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo, che rimane sempre più grande, più generosa di ogni umana pianificazione (cfr Gv 3,8). Si cade in questa malattia perché «è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate. In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e di addomesticarlo… - addomesticare lo Spirito Santo! - … Egli è freschezza, fantasia, novità»[10].

5. La malattia del cattivo coordinamento. Quando i membri perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità e la sua temperanza, diventando un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo spirito di comunione e di squadra. Quando il piede dice al braccio: “non ho bisogno di te”, o la mano alla testa: “comando io”, causando così disagio e scandalo.

6. C’è anche la malattia dell’“alzheimer spirituale”: ossia la dimenticanza della “storia della salvezza”, della storia personale con il Signore, del «primo amore» (Ap 2,4). Si tratta di un declino progressivo delle facoltà spirituali che in un più o meno lungo intervallo di tempo causa gravi handicap alla persona facendola diventare incapace di svolgere alcuna attività autonoma, vivendo uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie. Lo vediamo in coloro che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore; in coloro che non fanno il senso deuteronomico della vita; in coloro che dipendono completamente dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie; in coloro che costruiscono intorno a sé dei muri e delle abitudini diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che hanno scolpito con le loro stesse mani.

7. La malattia della rivalità e della vanagloria[11]. Quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita, dimenticando le parole di San Paolo: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,1-4). È la malattia che ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso “misticismo” e un falso “quietismo”. Lo stesso San Paolo li definisce «nemici della Croce di Cristo» perché «si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra» (Fil 3,19).

8. La malattia della schizofrenia esistenziale. E’ la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. Una malattia che colpisce spesso coloro che, abbandonando il sevizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo così il contatto con la realtà, con le persone concrete. Creano così un loro mondo parallelo, dove mettono da parte tutto ciò che insegnano severamente agli altri e iniziano a vivere una vita nascosta e sovente dissoluta. La conversione è alquanto urgente e indispensabile per questa gravissima malattia (cfr Lc 15,11-32).

9. La malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. Di questa malattia ho già parlato tante volte ma mai abbastanza. E’ una malattia grave, che inizia semplicemente, magari solo per fare due chiacchiere e si impadronisce della persona facendola diventare “seminatrice di zizzania” (come satana), e in tanti casi “omicida a sangue freddo” della fama dei propri colleghi e confratelli. È la malattia delle persone vigliacche che non avendo il coraggio di parlare direttamente parlano dietro le spalle. San Paolo ci ammonisce: «Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri» (Fil 2,14-18). Fratelli, guardiamoci dal terrorismo delle chiacchiere!

10. La malattia di divinizzare i capi: è la malattia di coloro che corteggiano i Superiori, sperando di ottenere la loro benevolenza. Sono vittime del carrierismo e dell’opportunismo, onorano le persone e non Dio (cfr Mt 23,8-12). Sono persone che vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare. Persone meschine, infelici e ispirate solo dal proprio fatale egoismo (cfr Gal 5,16-25). Questa malattia potrebbe colpire anche i Superiori quando corteggiano alcuni loro collaboratori per ottenere la loro sottomissione, lealtà e dipendenza psicologica, ma il risultato finale è una vera complicità.

11. La malattia dell’indifferenza verso gli altri. Quando ognuno pensa solo a sé stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani. Quando il più esperto non mette la sua conoscenza al servizio dei colleghi meno esperti. Quando si viene a conoscenza di qualcosa e la si tiene per sé invece di condividerla positivamente con gli altri. Quando, per gelosia o per scaltrezza, si prova gioia nel vedere l’altro cadere invece di rialzarlo e incoraggiarlo.

12. La malattia della faccia funerea. Ossia delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattutto quelli ritenuti inferiori – con rigidità, durezza e arroganza. In realtà, la severità teatrale e il pessimismo sterile[12] sono spesso sintomi di paura e di insicurezza di sé. L’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra che trasmette gioia ovunque si trova. Un cuore pieno di Dio è un cuore felice che irradia e contagia con la gioia tutti coloro che sono intorno a sé: lo si vede subito! Non perdiamo dunque quello spirito gioioso, pieno di humor, e persino autoironico, che ci rende persone amabili, anche nelle situazioni difficili[13]. Quanto bene ci fa una buona dose di sano umorismo! Ci farà molto bene recitare spesso la preghiera di san Thomas More[14]: io la prego tutti i giorni, mi fa bene.

13.La malattia dell’accumulare: quando l’apostolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro. In realtà, nulla di materiale potremo portare con noi perché “il sudario non ha tasche” e tutti i nostri tesori terreni - anche se sono regali - non potranno mai riempire quel vuoto, anzi lo renderanno sempre più esigente e più profondo. A queste persone il Signore ripete: «Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo ... Sii dunque zelante e convertiti» (Ap 3,17-19). L’accumulo appesantisce solamente e rallenta il cammino inesorabilmente! E penso a un aneddoto: un tempo, i gesuiti spagnoli descrivevano la Compagnia di Gesù come la “cavalleria leggera della Chiesa”. Ricordo il trasloco di un giovane gesuita che, mentre caricava su di un camion i suoi tanti averi: bagagli, libri, oggetti e regali, si sentì dire, con un saggio sorriso, da un vecchio gesuita che lo stava ad osservare: questa sarebbe la “cavalleria leggera della Chiesa?”. I nostri traslochi sono un segno di questa malattia.

14.La malattia dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso. Anche questa malattia inizia sempre da buone intenzioni ma con il passare del tempo schiavizza i membri diventando un cancro che minaccia l’armonia del Corpo e causa tanto male – scandali – specialmente ai nostri fratelli più piccoli. L’autodistruzione o il “fuoco amico” dei commilitoni è il pericolo più subdolo[15]. È il male che colpisce dal di dentro[16]; e, come dice Cristo, «ogni regno diviso in se stesso va in rovina» (Lc 11,17).

15.E l’ultima: la malattia del profitto mondano, degli esibizionismi[17], quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri. è la malattia delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per tale scopo sono capaci di calunniare, di diffamare e di screditare gli altri, perfino sui giornali e sulle riviste. Naturalmente per esibirsi e dimostrarsi più capaci degli altri. Anche questa malattia fa molto male al Corpo perché porta le persone a giustificare l’uso di qualsiasi mezzo pur di raggiungere tale scopo, spesso in nome della giustizia e della trasparenza! E qui mi viene in mente il ricordo di un sacerdote che chiamava i giornalisti per raccontare loro - e inventare - delle cose private e riservate dei suoi confratelli e parrocchiani. Per lui contava solo vedersi sulle prime pagine, perché così si sentiva “potente e avvincente”, causando tanto male agli altri e alla Chiesa. Poverino!
Fratelli, tali malattie e tali tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale, e possono colpire sia a livello individuale sia comunitario.
Occorre chiarire che è solo lo Spirito Santo - l’anima del Corpo Mistico di Cristo, come afferma il Credo Niceno-Costantinopolitano: «Credo... nello Spirito Santo, Signore e vivificatore» - a guarire ogni infermità. È lo Spirito Santo che sostiene ogni sincero sforzo di purificazione e ogni buona volontà di conversione. È Lui a farci capire che ogni membro partecipa alla santificazione del corpo e al suo indebolimento. È Lui il promotore dell’armonia[18]: “Ipse harmonia est”, dice san Basilio. Sant’Agostino ci dice: «Finché una parte aderisce al corpo, la sua guarigione non è disperata; ciò che invece fu reciso, non può né curarsi né guarirsi»[19].

La guarigione è anche frutto della consapevolezza della malattia e della decisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseveranza la cura[20].
Dunque, siamo chiamati - in questo tempo di Natale e per tutto il tempo del nostro servizio e della nostra esistenza - a vivere «secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16).

Cari fratelli!
Una volta ho letto che i sacerdoti sono come gli aerei: fanno notizia solo quando cadono, ma ce ne sono tanti che volano. Molti criticano e pochi pregano per loro. È una frase molto simpatica ma anche molto vera, perché delinea l’importanza e la delicatezza del nostro servizio sacerdotale e quanto male potrebbe causare un solo sacerdote che “cade” a tutto il corpo della Chiesa.
Dunque, per non cadere in questi giorni in cui ci prepariamo alla Confessione, chiediamo alla Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, di sanare le ferite del peccato che ognuno di noi porta nel suo cuore e di sostenere la Chiesa e la Curia affinché siano sane e risanatrici; sante e santificatrici, a gloria del suo Figlio e per la salvezza nostra e del mondo intero. Chiediamo a Lei di farci amare la Chiesa come l’ha amata Cristo, suo figlio e nostro Signore, e di avere il coraggio di riconoscerci peccatori e bisognosi della sua Misericordia e di non aver paura di abbandonare la nostra mano tra le sue mani materne.
Tanti auguri di un santo Natale a tutti voi, alle vostre famiglie e ai vostri collaboratori. E, per favore, non dimenticate di pregare per me! Grazie di cuore!

 

[1] Egli afferma che la Chiesa, essendo mysticum Corpus Christi, «richiede anche una moltitudine di membri, i quali siano talmente tra loro connessi da aiutarsi a vicenda. E come nel nostro mortale organismo, quando un membro soffre, gli altri risentono del suo dolore e vengono in suo aiuto, così nella Chiesa i singoli membri non vivono ciascuno per sé, ma porgono anche aiuto agli altri, offrendosi scambievolmente collaborazione, sia per mutuo conforto sia per un sempre maggiore sviluppo di tutto il Corpo … un Corpo costituito non da una qualsiasi congerie di membra, ma deve essere fornito di organi, ossia di membra che non abbiano tutte il medesimo compito, ma siano debitamente coordinate; così la Chiesa, per questo specialmente deve chiamarsi corpo, perché risulta da una retta disposizione e coerente unione di membra fra loro diverse» (Enc. Mystici Corporis, Parte Prima: AAS 35 [1943], 200).
[2] Cfr Rm 12,5: «Così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri».
[3] Cost. dogm. Lumen gentium, 7.
[4] Da ricordare che “il paragone della Chiesa con il corpo illumina l'intimo legame tra la Chiesa e Cristo. Essa non è soltanto radunata attorno a Lui; è unificata in Lui, nel suo Corpo. Tre aspetti della Chiesa-Corpo di Cristo vanno sottolineati in modo particolare: l'unità di tutte le membra tra di loro in forza della loro unione a Cristo; Cristo Capo del corpo; la Chiesa, Sposa di Cristo” Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, N. 789 e 795.
[6] Gesù più volte aveva fatto conoscere l’unione che i fedeli debbono avere con Lui: “Come il tralcio non può portar frutto da sé stesso se non rimane unito alla vite, così neanche voi, se non rimarrete uniti in Me. Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15, 4-5).
[12] Ibid, 84-86.
[13] Ibid, 2.
[14] Signore, donami una buona digestione e anche qualcosa da digerire. Donami la salute del corpo e il buon umore necessario per mantenerla. Donami, Signore, un'anima semplice che sappia far tesoro di tutto ciò che è buono e non si spaventi alla vista del male ma piuttosto trovi sempre il modo di rimetter le cose a posto. Dammi un'anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo ingombrante che si chiama "io". Dammi, Signore, il senso del buon umore. Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po' di gioia e farne parte anche agli altri. Amen.
[16] Il Beato Paolo VI riferendosi alla situazione della Chiesa affermò di avere la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio», Omelia di Paolo VI, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Giovedì, 29 giugno 1972. Cfr. Evangelii Gaudium, 98-101.
[18] “Lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa. Egli dà la vita, suscita i differenti carismi che arricchiscono il Popolo di Dio e, soprattutto, crea l’unità tra i credenti: di molti fa un corpo solo, il Corpo di Cristo… Lo Spirito Santo fa l’unità della Chiesa: unità nella fede, unità nella carità, unità nella coesione interiore” (Francesco, Omelia Santa Messa in Turchia, 30 novembre 2014).
[19] August. Serm., CXXXVII, 1; Migne, P. L., XXXVIII, 754.